Negli ultimi anni, il tema della comunicazione interna nelle università cattoliche ha acquisito un’importanza fondamentale, specialmente in un contesto globale in continua evoluzione. Recentemente, a Salamanca, in Spagna, si è svolto un congresso internazionale intitolato “La comunicazione interna nelle Università cattoliche e pontificie. Limiti e sfide”. L’incontro ha visto la partecipazione di rappresentanti provenienti da diverse parti del mondo, inclusi Europa, Africa, Sud America, Asia e Oceania, con l’obiettivo di rafforzare l’identità e la coesione delle comunità universitarie.
Il significato del dialogo interno
In apertura dell’evento, il rettore dell’Università Pontificia di Salamanca, Santiago García-Jalón de la Lama, ha enfatizzato come sia essenziale essere artigiani e mediatori della comprensione. Secondo lui, la comunicazione all’interno di un’università cattolica non si limita a scambi informativi, ma deve tessere legami di verità, corresponsabilità e servizio. Questo approccio mira a far sentire ogni membro della comunità accademica, che sia un professore, uno studente o un membro del personale amministrativo, parte integrante di una missione collettiva.
L’importanza di una comunicazione efficace
Il rettore ha sottolineato che una comunicazione efficace è fondamentale non solo per il buon funzionamento dell’istituzione, ma anche come forma di servizio alla Chiesa. Questo aspetto diventa cruciale in un periodo in cui le università cattoliche devono affrontare sfide sempre più complesse, come l’uso dell’intelligenza artificiale e la diffusione delle fake news.
Intelligenza artificiale: opportunità e rischi
Durante il congresso, Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione, ha affrontato il tema dell’intelligenza artificiale, definendola un dono che, sebbene possa essere utilizzato in modo positivo, presenta anche dei rischi. Ruffini ha chiarito che l’intelligenza artificiale è un prodotto dell’intelligenza umana e non un suo sostituto, evidenziando l’importanza di un equilibrio tra ragione, cuore e capacità di sentire.
La comunicazione disumanizzata
Ruffini ha messo in guardia contro i pericoli di una comunicazione che, anziché connettere, isola le persone, trasformandosi in una ragnatela che intrappola. In un’epoca caratterizzata da un’infodemia di notizie false, è vitale ricostruire la fiducia nella verità e promuovere uno spazio di ascolto e dialogo aperto.
Riformulazione dell’educazione nell’era digitale
Il segretario del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, monsignor Paul Desmond Tighe, ha discusso della necessità di educare non solo con l’intelligenza artificiale, ma anche su di essa. Ha affermato che le università cattoliche hanno un’opportunità unica di contribuire al dibattito sull’uso dell’IA, sottolineando l’importanza di un approccio interdisciplinare e transdisciplinare che integri scienze e umanesimo.
Il ruolo dell’insegnante
Tighe ha evidenziato che, nonostante l’immenso potenziale dell’IA, il ruolo dell’insegnante rimane cruciale. Gli educatori devono impegnarsi nello sviluppo integrale degli studenti, con particolare attenzione all’alfabetizzazione digitale. È fondamentale che i programmi scolastici prioritizzino sia la competenza digitale sia la formazione umanistica.
Responsabilità delle università cattoliche
Il congresso si è concluso con una riflessione di Ruffini sulla connessione tra comunicazione e cultura, citando le parole di Papa Leone XIV, secondo cui “nessuno è un ingranaggio o una semplice funzione”. In un contesto in cui gli algoritmi dominano l’infosfera, Ruffini ha esortato le università a costruire ponti tra le diverse discipline e a ricucire il divario tra il messaggio evangelico e la realtà contemporanea.
La sfida è quella di promuovere un nuovo umanesimo che non sia dominato da algoritmi, ma che valorizzi l’incontro umano e la condivisione del sapere. Solo così le università cattoliche potranno assolvere al loro compito di educare le nuove generazioni in un mondo in continua trasformazione.

