Ogni tanto, ci si imbatte in figure che, pur vivendo in epoche passate, riescono a risuonare profondamente nel presente. È il caso di Camille Costa de Beauregard, un sacerdote che ha dedicato la sua vita agli ultimi e che, il 17 maggio, è stato beatificato a Chambery, in Francia. Monsignor Thibault Verny, nella sua omelia, ha rimarcato come la santità non sia un privilegio riservato a pochi ma un cammino aperto a tutti noi. Quante volte ci siamo sentiti piccoli, trascurabili, in una società che sembra premiare solo la forza e il successo? Camille ci insegna che, in realtà, la vera grandezza risiede nell’umile servizio agli altri.
Il messaggio di umiltà di Camille
Durante la cerimonia, mons. Verny ha richiamato il Vangelo di Marco, evidenziando come Gesù si identifichi con i più piccoli, coloro che spesso vengono ignorati. “Quello che si fa ai piccoli, si fa a lui” – ha sottolineato. In un mondo che tende a misurare il valore delle persone in base a parametri materiali, non è semplice abbracciare un messaggio di questo tipo. Eppure, Camille Costa de Beauregard ha vissuto questa verità: dedicando la sua vita agli orfani colpiti dall’epidemia di colera, ha visto in loro il volto di Cristo. Con una fede disinteressata, il suo esempio è diventato un vero e proprio Vangelo vivente.
Un educatore paziente e caparbio
“Eppure Camille non era un extraterrestre”, ha notato l’arcivescovo, richiamando l’attenzione sulla sua umanità. Era un educatore paziente, ma anche determinato, che si lasciava toccare dalle piccole cose della vita quotidiana. La sua santità non è stata frutto di sforzi sovrumani, ma il risultato di una fedeltà giornaliera al Vangelo. Questa è una verità che, a mio avviso, dovrebbe farci riflettere. Non serve essere dei supereroi per essere santi. L’importante è lasciare che Dio operi in noi, giorno dopo giorno.
Un esempio per i giovani
Un altro punto cruciale sollevato da mons. Verny è stata l’urgenza di offrire ai giovani una visione di futuro e speranza. Attraverso la guarigione miracolosa di un bambino, Camille ha messo in luce la necessità di prendersi cura dei più giovani, guardandoli con gli occhi di Gesù. Personalmente, ricordo quando ero giovane e mi sentivo perso; figure come Camille possono guidarci a vedere la luce anche nei momenti più bui. È vitale non disprezzare la nostra umanità, ma prendersene cura dall’inizio alla fine.
Il Vangelo come realtà trasformativa
Infine, mons. Verny ha chiarito che il Vangelo non è una favola, ma una realtà capace di trasformare le nostre vite. È un invito a vivere in modo autentico, a non lasciarsi sopraffare dalle difficoltà quotidiane. Il messaggio di Camille non è solo per i credenti, ma per chiunque desideri dare senso alla propria esistenza. Lo dico con certezza: ogni gesto di amore, anche il più piccolo, può contribuire a cambiare il mondo. E se ci pensiamo bene, ognuno di noi ha il potere di rendere la vita degli altri un po’ più luminosa, proprio come ha fatto Camille.