In Italia, il fenomeno delle pensioni attive da oltre 43 anni è diventato un tema di dibattito acceso. Con più di 280.000 pensioni in pagamento, il costo annuale di questo sistema supera i 9 miliardi di euro. Ma quali sono le radici di questa situazione e come influisce sul nostro sistema previdenziale?
Il numero delle pensioni storiche
Secondo i dati dell’INPS aggiornati al 1° gennaio 2024, sono ben 280.684 le pensioni attive che hanno superato i 43 anni di durata, rappresentando l’1,7% del totale delle pensioni IVS (invalidità, vecchiaia e superstiti). La maggior parte di queste pensioni proviene dal settore privato, con circa 245.000 assegni, mentre poco meno di 36.000 appartengono al pubblico impiego. È sorprendente notare che molti di questi pensionati hanno iniziato a ricevere l’assegno in età relativamente giovane: mediamente 52,3 anni nel settore privato e 53,5 nel pubblico. La durata media di queste pensioni, che supera i 44 anni, è notevolmente più elevata rispetto alla media europea.
Impatto economico delle baby pensioni
Guardando ai numeri, l’importo medio mensile delle pensioni private è di circa 1.020 euro, mentre per quelle pubbliche si attesta intorno ai 1.607 euro. Questo comporta una spesa annuale che si aggira sui 9 miliardi di euro, pari al 6% dell’intera spesa pensionistica italiana. Se si considera il valore attuale di queste pensioni, la cifra si avvicina a 102 miliardi di euro, che arrivano a circa 130 miliardi includendo gli assegni estinti. Queste cifre pongono interrogativi sulla sostenibilità del nostro sistema previdenziale, specialmente alla luce del rapporto tra lavoratori attivi e pensionati, ora vicino a 1,46.
Le origini delle baby pensioni
Le baby pensioni hanno radici profonde nelle leggi degli anni ’70 e ’80, quando vennero introdotte agevolazioni significative. Ad esempio, le dipendenti pubbliche con figli potevano andare in pensione dopo soli 14 anni e mezzo di contributi. Inoltre, era possibile riscattare periodi di studio e maternità, accorciando ulteriormente il percorso verso la pensione. Queste disposizioni, sebbene abbiano avuto l’intento di garantire diritti e dignità ai lavoratori, hanno creato una situazione che oggi sfida la sostenibilità del nostro sistema previdenziale.
Un futuro incerto
La situazione attuale solleva interrogativi su come il nostro Paese potrà affrontare il peso delle baby pensioni nel lungo termine. Con una spesa pensionistica tra le più alte d’Europa, pari al 16,3% del PIL nel 2021, ben oltre la media europea del 12,9%, è evidente che il nostro sistema previdenziale ha bisogno di una riflessione profonda e di riforme significative. La sostenibilità diventa una questione cruciale, e le politiche future dovranno considerare attentamente il delicato equilibrio tra le esigenze dei pensionati e le capacità finanziarie dello Stato.