Immagina di voler tornare nel posto dove una volta hai vissuto, a vedere i volti familiari e le strade che raccontano storie. Eppure, per molti siriani, questo sogno è offuscato dalla realtà delle mine e degli ordigni inesplosi che infestano le macerie di Palmira. A dieci anni dalla devastazione ad opera dello Stato islamico, la città è ancora un cumulo di sfide, dove il desiderio di ricostruzione si scontra con i pericoli invisibili del passato. Damian O’Brien, direttore delle operazioni di Halo Trust in Siria, mette in luce la gravità della situazione e ciò che serve per riportare la vita in questo angolo di storia.
Una città in macerie e la lotta per la bonifica
Palmira, un tempo fulcro dell’antica Via della Seta, è ora un simbolo della devastazione e della speranza di rinascita. Le sue strade, una volta piene di vita, sono ora silenziose, minacciate da ordigni inesplosi che continuano a costituire un pericolo mortale. O’Brien spiega che attualmente non c’è stata una mappatura adeguata delle mine e degli ordigni lasciati dai conflitti. “Ogni giorno, chi cerca di tornare in città si trova di fronte a incidenti terribili”, racconta con un tono che esprime sia preoccupazione che determinazione. La ricostruzione non è solo una questione di mattoni e malta, ma di sicurezza e fiducia.
La sfida della ricostruzione
La ricostruzione di Palmira richiederà tempo, e le difficoltà sono immense. Le infrastrutture sono andate distrutte, proprietà private ridotte in macerie. “Tornare è una sfida che scoraggia molti siriani,” continua O’Brien, evidenziando la paura di un ritorno senza garanzie di stabilità e servizi essenziali. In un contesto simile, molti siriani, dopo anni trascorsi all’estero, esitano a rientrare, temendo di dover affrontare non solo la mancanza di lavoro, ma anche la paura per la propria vita. La città moderna, a differenza di Aleppo, è completamente inabitabile, e il cammino verso la rinascita appare tortuoso.
Un futuro incerto e la responsabilizzazione locale
Situata nel deserto, Palmira è circondata da vasti spazi contaminati, dove il controllo è passato tra diversi gruppi armati. “Senza mappe aggiornate, il rilevamento delle mine è una vera impresa,” spiega O’Brien. Ogni pezzo di terra dovrà essere attentamente esaminato, poiché non tutti gli ordigni esplodono come previsto. La situazione è delicata, e chi decide di tornare a casa deve affrontare rischi enormi. “Alcuni maneggiano esplosivi senza formazione”, un errore che potrebbe costare caro. La bonifica deve seguire standard internazionali per garantire la sicurezza dei civili. Ma l’urgenza è palpabile, e le famiglie cercano di tornare a casa, rischiando di trovarsi faccia a faccia con il pericolo.
Un piano di azione e speranza
Halo Trust si propone di responsabilizzare i siriani, formando squadre locali per guidare gli sforzi di bonifica. È un approccio che richiede investimenti, risorse e, soprattutto, tempo. “Il governo di Damasco è stato di grande aiuto”, afferma O’Brien, mentre il piano di mobilitazione delle squadre si espande. È l’unico modo per rendere sostenibile la ripresa. La speranza di un futuro migliore è alimentata dal desiderio dei siriani di ricostruire il proprio paese. “Abbiamo bisogno di investimenti e fiducia”, conclude con un cauto ottimismo.
Guardando avanti: la resilienza dei siriani
In mezzo a questa devastazione, ciò che emerge è la resilienza dei siriani. Nonostante gli anni di conflitto, la voglia di ricostruire e di ricominciare è forte. “I siriani, nonostante tutto, sono ancora in piedi”, afferma O’Brien. Con il giusto supporto, anche le ferite più profonde possono essere curate. E chissà, un giorno, le macerie di Palmira potrebbero trasformarsi in un simbolo di rinascita e speranza, dove la storia e la vita ritrovano il loro posto.