Immaginate una basilica che si riempie di canti e colori, dove ogni nota risuona come un inno di speranza. È esattamente ciò che è accaduto oggi a Città del Vaticano, dove una processione di pellegrini ha reso omaggio all’antica tradizione della Chiesa caldea. Decine di ministri, vestiti con casule dorate, hanno partecipato alla Santa Qurbana presieduta dal Patriarca Louis Raphaël I Sako. Questa celebrazione si è svolta giusto alla vigilia del Giubileo delle Chiese Orientali, un momento di riflessione e condivisione, in cui le radici comuni delle diverse tradizioni cristiane si sono unite per proclamare una speranza rinnovata.
Una celebrazione ricca di significato
Durante l’omelia, Sua Beatitudine Mar Raphael Thattil, arcivescovo maggiore della Chiesa Siro-Malabarese, ha espresso un desiderio profondo: “Che la celebrazione sia un segno di una comunione viva”. La sua voce, carica di emozione, ha fatto eco tra i presenti. Parole che risuonavano come un invito a riscoprire la gioia dello Spirito e a camminare insieme, Oriente e Occidente, in un’unica Chiesa pellegrina. Questo è un messaggio che, personalmente, trovo estremamente potente. Ricordo quando, da giovane, ascoltavo storie simili che parlavano di unità e speranza. È bello vedere come queste tradizioni continuino a fiorire.
La tradizione siro-orientale
Una delle parti più affascinanti della celebrazione è stata l’anafora di Addai e Mari, un’antica preghiera eucaristica. Composta dai discepoli di San Tommaso, questa preghiera non è solo un rito, ma un legame che unisce le comunità. L’atmosfera era carica di spiritualità: i canti, i rosari indossati dai bambini, tutto parlava di un passato che vive nel presente. Ho sempre pensato che la vera bellezza della fede risieda nella sua capacità di unire le persone, di creare legami forti attraverso la condivisione di tradizioni.
Un futuro di speranza
Infatti, il cardinale Claudio Gugerotti ha sottolineato che le Chiese orientali sono missionarie. Un’idea che mi ha colpito profondamente. La storia di queste Chiese è segnata da divisioni e persecuzioni, ma oggi, qui, si celebra la fede. “Continuate ad essere missionari”, ha esortato il cardinale, un appello che invita a non dimenticare le proprie radici e a portare avanti la missione della Chiesa. Non posso fare a meno di pensare a quanto sia importante mantenere viva la propria identità culturale, specialmente in un mondo che cambia così rapidamente. È come dire: non dimenticate chi siete.
Il richiamo all’unità
“Conservate l’unità perché il nome di Dio è unità e amore”. Le parole del cardinale risuonano ancora nella mia mente. Un richiamo che, a mio avviso, è più attuale che mai. In un’epoca in cui le divisioni sembrano prevalere, questo messaggio di unità diventa un faro di speranza. E, come molti sanno, le Chiese orientali portano con sé una ricchezza di culture e tradizioni che non devono andare perse. È cruciale che queste differenze vengano celebrate, non solo tollerate.
Un momento da vivere
La celebrazione di oggi è stata un’esperienza che va oltre le parole. Un momento di comunione, di riflessione e di gioia. Ho visto volti sorridenti, mani unite in preghiera e cuori aperti. È questo il vero significato di una comunità di fede: l’accoglienza, l’amore e la speranza condivisa. Personalmente, credo che eventi di questo tipo ci ricordino quanto sia importante rimanere uniti, nonostante le differenze. Non posso fare a meno di sperare che questo spirito di unità continui a crescere, che si traduca in azioni concrete per un mondo migliore.