La situazione a Gaza continua a suscitare preoccupazioni a livello internazionale. In un’intervista recente, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, ha espresso il suo sollievo per la sicurezza dei membri della Global Sumud Flotilla, sottolineando l’urgente necessità di far luce sulle terribili condizioni di vita nella Striscia di Gaza.
Nonostante la crescente attenzione mediatica e le buone intenzioni, il cardinale ha avvertito che la vita quotidiana dei palestinesi è rimasta sostanzialmente invariata. La sua analisi mette in evidenza come un’onda di indignazione collettiva si sia manifestata, risvegliando una coscienza di dignità che era rimasta sopita.
Le atrocità e la vita quotidiana a Gaza
Secondo Pizzaballa, la devastazione a Gaza è allarmante. Circa l’80% delle infrastrutture è stato distrutto, costringendo centinaia di migliaia di persone a spostarsi più volte, anche fino a sette, nel corso degli ultimi due anni. La sofferenza della popolazione è aggravata dalla mancanza di accesso a cure mediche fondamentali: gli ospedali sono pochi e le attrezzature scarseggiano.
Il dramma dei giovani e della fame
Il cardinale ha evidenziato come i giovani stiano vivendo il loro terzo anno senza istruzione. L’assenza di scuole significa che la speranza per il futuro è sempre più lontana. Inoltre, la crisi alimentare ha raggiunto livelli critici: frutta, verdura e carne scarseggiano, il che porta a una carenza di nutrienti essenziali. La chiusura dei confini ha reso la situazione ancora più disperata.
La comunità parrocchiale di Gaza, composta da circa 500 persone tra cui malati, disabili e anziani, è intrappolata in questa realtà. Pizzaballa afferma che la loro permanenza non è una scelta politica, ma una questione di sopravvivenza: senza di loro, anche i religiosi non potrebbero restare. La loro presenza rappresenta un atto di resistenza pacifica e di speranza.
Una condizione inaccettabile
Il patriarca ha dichiarato che la situazione attuale è inaccettabile e non può essere giustificata. La reazione dopo il 7 ottobre ha portato a una escalation che ha colpito in modo sproporzionato i civili, evidenziando una disumanità inaccettabile. La fame, la precarietà e la distruzione continuano a caratterizzare la vita a Gaza.
La ricerca di una pace duratura
Nonostante la mobilitazione globale e l’attenzione mediatica, Pizzaballa ribadisce che la strada verso la pace è ancora lunga. Mentre ci si aspetta una risposta da parte di Hamas riguardo a un piano proposto, il cardinale incoraggia un dialogo aperto e onesto per affrontare le cause profonde del conflitto. La fine delle ostilità non deve essere confusa con una pace reale; le ferite tra le popolazioni israeliana e palestinese richiederanno tempo e impegno per essere sanate.
Il cardinale ha descritto l’attacco di Hamas del 7 ottobre come un trauma profondo per la società israeliana, evidenziando che ha minato la percezione di sicurezza che Israele ha sempre avuto. Questo evento ha risvegliato paure ancestrali, rendendo evidente che il conflitto è ben lontano dall’essere risolto.
La possibilità di una convivenza pacifica tra le due popolazioni sembra attualmente irraggiungibile. Sarà necessario un lungo percorso di riconoscimento reciproco delle colpe e della costruzione di un clima di perdono. Tuttavia, ci sono già individui e gruppi che lavorano per la pace, e il loro ruolo sarà cruciale quando si tratterà di ricostruire e guardare al futuro.