Il 12 maggio, davanti a tremila giornalisti nell’Aula Paolo VI, Papa Leone XIV ha lanciato un appello accorato per la libertà di stampa, sottolineando come sia la prima vittima di ogni conflitto e di ogni regime autoritario. «Permettetemi di ribadire la solidarietà della Chiesa ai giornalisti incarcerati», ha affermato, richiamando l’attenzione sul fatto che la libertà di espressione è strettamente legata alla dignità umana e alla giustizia. In effetti, dietro la libertà di stampa si nasconde la possibilità di dire e pensare liberamente, una conquista che non possiamo dare per scontata.
Un quadro allarmante per i giornalisti
I dati sono allarmanti e non possono essere ignorati. Secondo il Committee to Protect Journalists (Cpj), nel 2024 sono stati uccisi 124 giornalisti, un numero che non si registrava da trent’anni. Questo dato supera persino il record del 2007. E non finisce qui: 95 giornalisti risultano scomparsi, mentre 361 sono attualmente detenuti. È un’emergenza che sembra crescere senza sosta, con Reporters Without Borders che riporta un incremento del 7% dei giornalisti incarcerati rispetto all’anno precedente. La maggior parte delle vittime, almeno 24, è stata uccisa deliberatamente per il loro lavoro, un dato che colpisce e fa riflettere.
Ma la situazione dei freelance è particolarmente preoccupante: oltre un terzo dei giornalisti uccisi nel 2023 erano lavoratori autonomi. Questo è un triste record che evidenzia come i freelance, spesso privi delle risorse necessarie per proteggersi, affrontino i pericoli più gravi. Come si può immaginare, questi professionisti sono spesso in prima linea, raccontando storie che altrimenti rimarrebbero nell’ombra.
Le zone calde del giornalismo
Le aree più pericolose per i giornalisti nel 2024 sono state il Medio Oriente, il Nord Africa, l’Asia, l’America Latina e l’Africa Sub-Sahariana. In questi contesti, il giornalismo non è solo un lavoro: è una missione. Si tratta di portare alla luce la voce dei più deboli, di mettere in evidenza situazioni di sofferenza che vengono sistematicamente ignorate. Personalmente, ricordo quando un amico giornalista tornò da un reportage in Medio Oriente, raccontando quanto fosse difficile riportare la verità in un contesto così pervaso dalla censura e dalla paura. Queste esperienze ci ricordano che la comunicazione deve essere un atto di ascolto e accoglienza, come ha sottolineato il Papa. Non serve una comunicazione “muscolare”, ma una che illumini le periferie della storia.
Il coraggio dei giornalisti come testimoni
Il Papa ha definito i giornalisti «testimoni», riconoscendo il loro coraggio nel difendere la dignità e i diritti dei popoli. Senza il diritto di essere informati, le persone non possono fare scelte libere e consapevoli. La sofferenza di questi professionisti in carcere deve interpellare la coscienza di tutte le nazioni e della comunità internazionale. Dobbiamo custodire con cura il bene prezioso della libertà di espressione e di stampa, perché come ha detto Leone XIV, «disarmare le parole è il primo passo per disarmare la Terra». Queste parole risuonano forti e chiare, invitandoci a non abituarci alla sofferenza di chi lotta per la verità.
In un mondo in cui troppe persone scompaiono nel silenzio, il Papa esorta a non cedere alla paura. E non possiamo dimenticare che dietro ogni cifra, ogni statistica, c’è una vita, un volto, una storia. Ricordiamoci sempre di loro. La verità ha bisogno di essere raccontata, e chi ha il coraggio di farlo merita il nostro rispetto e la nostra solidarietà.