Dialogo interreligioso per la pace e la comprensione

Un evento che ha unito diverse fedi per riflettere sulla pace in un momento difficile.

Immagina di essere in una chiesa antica, circondato da una folla attenta, tutti uniti da un unico desiderio: la pace. Questo è ciò che è accaduto l’8 giugno nella chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Roma. Un incontro interreligioso, guidato dal gesuita Massimo Nevola, ha dato voce a diverse esperienze di vita e riflessioni profonde sul conflitto in corso in Medio Oriente. La serata è stata un inno alla speranza, un tentativo di creare un dialogo costruttivo in un momento in cui il mondo sembra afflitto dalla violenza.

Le voci di chi vive il conflitto

Tra gli oratori, spiccava la storica ebrea Anna Foa, che ha condiviso la sua visione critica sulla situazione attuale. “In questo momento, chi è in pericolo sono i palestinesi di Gaza”, ha affermato, sottolineando la crisi umanitaria che sta colpendo la regione. Le sue parole, cariche di emozione, hanno rivelato una verità scomoda: la percezione dell’umanità sta cambiando, e la compassione deve guidarci nell’analisi di ciò che accade. Foa ha descritto scene strazianti, come la mancanza di cibo e cure mediche, ponendo l’accento su come i media stiano diventando gli unici testimoni di una tragedia in corso.

“È una guerra sanguinosa e indicibile”, ha continuato, esortando tutti a non rimanere indifferenti. “Dobbiamo parlare ai nostri figli del significato delle parole e comprendere che ciò che accade è una espulsione etnica”.

Le testimonianze di chi cerca la pace

Maria Bonafede, pastora valdese, ha portato una voce di calma e determinazione. Richiamando le Scritture, ha citato il Salmo 121: “Alzo gli occhi verso i monti, da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore…”. La sua interpretazione ha offerto una pausa riflessiva tra la domanda e la risposta, evidenziando la necessità di trasformare il silenzio in un momento di attesa e ricerca.

La mancanza di senso in questi eventi ha colpito profondamente la pastora, che ha esortato a non vivere con gli occhi bassi, ma a cercare spazi di dialogo e comprensione. “Dobbiamo essere testimoni attivi di pace, non semplici spettatori”. Le sue parole hanno risuonato come un invito a tutti noi a non perdere mai di vista l’umanità dell’altro.

Un giovane musulmano porta un messaggio di speranza

Tra le voci più toccanti, quella di Hamdan Al Zegri, un giovane yemenita musulmano, ha portato una ventata di speranza e impegno. “La guerra distrugge il passato e brucia il presente”, ha affermato, richiamando l’importanza del dialogo e della comprensione reciproca. La sua esperienza personale, segnata da ricordi dolorosi di conflitti, ha reso il suo messaggio ancora più potente: “Credo ancora nell’umanità, credo ancora nella pace”.

Al Zegri ha sottolineato che la vera gratitudine verso il Creatore deve prima passare attraverso il riconoscimento della sofferenza dell’altro. “Ogni persona merita di vivere in libertà”, ha concluso, lasciando un’eco di speranza per un futuro migliore.

Un abbraccio che unisce culture

La serata si è conclusa con un gesto simbolico: Maria Bonafede e Suor Genevieve, mano nella mano, hanno recitato il Padre Nostro, abbracciandosi poi in segno di unità. Un momento che ha fatto vibrare i cuori di tutti i presenti, dimostrando che, oltre le differenze, c’è un legame profondo che ci unisce.

In un mondo che sembra diviso, incontri come questi possono davvero fare la differenza. Portiamo con noi la fiaccola della pace, oltre ogni frontiera, e ricordiamo che ogni piccola azione conta. La pace inizia da noi, dalla nostra volontà di ascoltare, comprendere e abbracciare chi è diverso.

Scritto da AiAdhubMedia

La celebrazione del Corpus Domini – Guida completa

Funzioni sorprendenti della calcolatrice del tuo smartphone